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Le opportunità dell’apprendistato e le sue prospettive in un’ottica Europea

A fronte di alcuni risultati di uno studio effettuato nei 28 paesi dell’Unione Europea (più Islanda e Norvegia)  si conferma che non esiste un solo modello di apprendistato in Europa. In particolare il quadro diversificato dei programmi di apprendistato distingue:

  1. a) sistemi nazionali ben definiti in cui l’apprendistato ha un posto e un ruolo chiari all’interno dei sistemi dell’istruzione e della formazione (che portano anche a qualifiche di apprendistato, si veda ad esempio il sistema duale tedesco);
  2. b) sistemi in cui l’apprendistato non ha ancora una comprensione condivisa tra le parti interessate e un posto e un ruolo chiari nella fornitura complessiva di IeFP (il riconoscimento di una qualifica in apprendistato è raramente riconosciuto o formalmente indicato, come avviene ad es. nel sistema italiano).

Mentre non esiste un solo apprendistato, vi sono però numerose sfide in comune, sia politiche che di attuazione che i paesi devono affrontare nell’introdurre o riformare leggi, politiche e pratiche di apprendistato. Tra i modelli di apprendistato quello più diffuso in Europa è il secondo dei due citati (b) che risulta essere il più grande in termini di dimensioni.

Questi alcuni dei punti di attenzione:

a) Distinzione debole o poco chiara tra apprendistato e altre forme di apprendimento basato sul lavoro. Questo porta a numerose variazioni nel modo in cui lo stesso apprendistato viene definito a livello di attuazione, con un conseguente alto grado di frammentazione dello stesso schema di apprendistato. La sfida in questo contesto è riuscire a snellire il sistema e nello stesso tempo assicurarne la qualità;

(b) in assenza di programmi specifici di apprendistato possono esserci ampie variazioni nella durata delle esperienze di apprendimento individuali di apprendistato. La relativa formazione in azienda tra gli studenti che studiano per la stessa qualifica può essere differente per non parlare delle differenze tra i percorsi di IeFP “classici” e quelli in apprendistato (innescando una potenziale disparità di opportunità tra gli studenti con conseguente mancanza di trasparenza, inoltre le esperienze tra colleghi possono mancare di comparabilità);

(c) limitato o nessun coinvolgimento di partner socio-economici a tutti i livelli (strategia e programmazione, progettazione del contenuto, implementazione, valutazione);

(d) approcci formativi, limitati al settore professionale di apprendistato, che portano ad un contenuto del progetto definito a livello di società individuale e difficilmente standardizzabili;

(e) impegno limitato (quantitativo) o stretto (qualità) dell’azienda che spesso non va oltre il soddisfacimento dei bisogni di manodopera delle aziende;

(f) mancanza di valutazione delle politiche di apprendistato ex-ante ed ex-post con una conseguente analisi costi-benefici.

A fronte dei punti di attenzione precedentemente riportati, ritengo che sia necessario uno sforzo a livello europeo nel sostenere la diffusione e l’attuazione di efficaci programmi di apprendistato. Questi sforzi in futuro, potranno essere indirizzati nell’ottenere i seguenti obiettivi:

a) perseguire la convergenza parallela degli apprendistati in tutta l ‘UE sulla base di principi e standard di qualità concordati, piuttosto che importare modelli spesso inadatti a contesti nazionali specifici. L’obiettivo non è quello di applicare ovunque il modello di apprendistato tedesco, ma che i diversi tipi possano avere elementi comuni di standard;

(b) concepire l’apprendistato come un’istruzione di qualità ed una opportunità di formazione, concepirlo come una offerta alle persone indipendentemente dall’età. Una opportunità che combina l’apprendimento a scuola e l’apprendimento attraverso il lavoro portando a qualifiche riconosciute a livello nazionale a diversi livelli di riconoscimento delle competenze, fornendo all’apprendista piena competenza e capacità in un’occupazione o professione. Se una qualifica viene raggiunta con l’apprendistato dovrebbe essere riconosciuta formalmente. La prospettiva di un apprendistato riconosciuto che possa essere applicato durante tutto l’arco della vita nelle fasi di transizione da un lavoro all’altro, è una idea interessante, ma dovrà tener presenti alcuni aspetti:

(i) chiarire la distinzione tra apprendistato e altre forme di apprendimento basato sul lavoro sia nella forma che nella funzione;

(ii) evitare l’uso improprio della fornitura di apprendistato per sottopagarlo o renderlo eccessivamente flessibile;

(iii) definire una durata minima della formazione in apprendistato, compresi i periodi in un anno nel centro di formazione e i periodi di formazione in azienda. In pratica dovrà essere sufficientemente lungo da consentire la proporzione del tempo da dedicare al lavoro ed alla formazione, ma dovrà anche essere di lunghezza ragionevole per l’impresa per recuperare il suo investimento. La durata minima della formazione deve essere calcolata sulla base della relativa qualifica e dovrebbe essere garantita a tutti gli apprendisti che studiano per la qualifica.

(c) avvalersi di incentivi per incoraggiare la partecipazione di soggetti in difficoltà e prioritariamente giovani e per attrarre una vasta gamma di aziende utilizzando un approccio che massimizzi l’impatto e le potenzialità

(d) premiare i soggetti formativi di maggior successo e supportarli attraverso l’introduzione di elementi di premialità, relativamente ai risultati della formazione, dell’inserimento lavorativo, dell’innovatività e creatività;

(e) coinvolgere partner socioeconomici a tutti i livelli, in partnership paritetiche con istruzione e formazione e, nell’ambito dei quadri nazionali, consentendo approcci di settore nella progettazione e implementazione dell’apprendistato, compresa la progettazione di risultati di apprendimento per la parte relativa alla formazione in azienda. Supportare la crescita delle competenze professionali ma anche di quelle personali e trasversali.

(f) rendere i sistemi di apprendistato adattabili ai cambiamenti strutturali di medio e lungo termine nell’economia e nella società. In una prospettiva di medio-lungo termine, il posto di lavoro viene sempre più sostituito dal concetto di luogo in cui il singolo lavoratore riesce a realizzare se stesso. Quest’ultimo cambiamento emerso (relativamente) di recente, influenzerà rapidamente una quota crescente della forza lavoro e questo comporterà un sempre più crescente bisogno di personalizzare l’apprendimento in contesto lavorativo.

L’apprendistato non potrà essere sempre lo strumento più adatto per tutti i tipi di professioni, ma in un tempo di risorse scarse e con esigenze di alta formazione e qualità, può rappresentare una soluzione nel breve/medio termine in particolare nei paesi in via di sviluppo

Per fare questo può essere necessario osservare un principio guida per la diffusione mirata dell’apprendistato per cui non sia necessario offrirlo a tutti i livelli, ma solo in ambiti selezionati di settori o professioni. Allo stesso tempo, i programmi di apprendistato dovrebbero abbracciare un ampio spettro di competenze ed essere progettati in un approccio di capacità prospettica, affinché gli apprendisti siano qualificati, ma soprattutto occupabili oltre i confini aziendali, nel mercato del lavoro occupazionale.

Marco Muzzarelli

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